Parliamo di selvatico piuttosto che di natura, di ambiente naturale perché il termine «natura» riporta alla visione occidentale dicotomica tra uomo e natura intese come entità distinte e contrapposte. In un ambiente selvatico è inclusa la presenza dell’umano. Selvatico, in questa accezione, non è sinonimo di «incontaminato» o «vergine» ma di luogo dove la presenza degli interventi dell’essere umano sono minoritari e controbilanciati da altri.
Si può dire che parlare selvatico pone al centro la relazione tra esseri umani e gli altri esseri, in una visione che si allontana da una visione antropocentrica dell’ambiente e degli altri esseri viventi. L’assunto principale che sta dietro al principio dell’immersione nel selvatico quindi non è la necessità di una riconnessione con un mondo perduto, o di uno sforzo di adattamento a una realtà estranea e migliorare, ma l’affermazione della necessità di crescere consapevoli della nostra appartenenza a questo mondo in relazione all’ambiente e agli esseri con cui lo condividiamo.
Scegliere di frequentare quotidianamente il selvatico con * bambin* è anche una scelta pedagogicamente rilevante dal momento che l’ambiente selvatico offre possibilità senso motorie, sensoriali ed esperienziali che nessun ambiente antropizzato o progettato dall’essere umano può equagliare in termini di ricchezza, varietà ed armonia delle possibilità che la frequentazione del selvatico offre.
Si tratta di una dimensione non completamente predeterminata, aperta all’incontro con l’imprevisto, alla trasformazione, all’incontro con altri esseri viventi ed elementi naturali attraverso i quali l’esperienza de* bambin* si apre alla possibilità di un apprendimento autentico e significativo.